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L’Italia è stata di certo meta prediletta di molti scrittori dell’Ottocento: ma raramente una persona di lettere ha vissuto il nostro paese per così tanto tempo e con tanta partecipazione di Mary Shelley, la madre di Frankenstein.

Cenni sulla biografia di Mary Shelley e sul suo amore per l’Italia

Mary Shelley del nostro Paese si innamora, ci vive a lungo, torna più volte e prende a cuore la causa dell’Italia oppressa in cui fermentano i primi moti liberali, tracciando un parallelismo ideale ed emotivo tra il suo percorso di emancipazione personale (come donna, come artista) e quello del paese che il suo cuore ha scelto come seconda, se non prima, patria.

Nata a Londra il 30 agosto 1797 dal filosofo illuminista William Godwin e dall’antesignana del femminismo Mary Wollstonecraft, Mary ha infatti il cuore intriso di principi libertari e stimoli culturali, ben alimentati sin dalla giovane età in una casa frequentata dai migliori intellettuali dell’epoca. Tra quelle mura il suo cuore incontra la prima tragedia, la morte prematura della madre, ma anche l’amore, il poeta Percy Bysshe Shelley, fervente ammiratore del padre di Mary che però disapprovava questa unione visto che era già sposato con prole.

Le vicende amorose di Mary con Percy Bysshe Shelley

Ma ecco il primo strappo di Mary Shelley; il primo di molti fatti sempre sul filo del cuore: si incontra in segreto sulla tomba della madre con il suo amato e poi, insieme, decidono di fuggire nell’estate del 1814, con lei ancora minorenne, verso Calais; a settembre, per problemi economici, saranno però costretti a tornare in Inghilterra, vivendo a Londra come veri e propri reietti, rifiutati anche dal padre di Mary.

Il secondo strappo coraggioso avverrà solo due anni dopo, nel 1816, e ha un nome: Lord Byron. È maggio quando la coppia con il figlio William parte per la Svizzera per raggiungerlo presso il Lago di Ginevra; nel frattempo Byron è diventato l’amante di Claire Clermont, la sorellastra di Mary. Proprio durante questo soggiorno Mary Shelley partorisce Frankenstein, la sua opera più importante e probabilmente l’opera più famosa del romanticismo britannico.

La sfida di Lord Byron per una storia spaventosa: come nasce Frankenstein

La storia dietro la scrittura di Frankenstein è famosa quanto affascinante. Mary e Percy Bysshe Shelley furono sfidati da Lord Byron a partecipare a una tenzone letteraria per scrivere una storia spaventosa; Mary, dice la leggenda, ha solo 18 anni e scrive la premessa del suo libro in seguito a un sogno: “Quando ho appoggiato la testa sul cuscino […[ Ho visto – con gli occhi chiusi, ma con una visione mentale acuta – il pallido studente di arti sacre inginocchiato accanto alla cosa che aveva messo insieme. Vidi l’orribile fantasma di un uomo disteso, e poi, al lavoro di un potente motore, mostrare segni di vita e si mosse con un movimento inquieto”.

Questo è diventato il nucleo di Frankenstein (in origine The Modern Prometheus), romanzo pubblicato per la prima volta a Londra nel 1818, con solo 500 copie messe in circolazione; nello scrivere Frankenstein, Shelley ha utilizzato una serie di taccuini che ora possono essere visualizzati in originale per immagini.

Frankenstein non è solo una ghost story nata da una sfida giocosa, ma racchiude anche una sintesi originale di alcune teorie scientifiche avanguardiste sviluppatesi tra l’Italia e l’Inghilterra a cavallo tra Sette e Ottocento: una scienza inquieta, in bilico tra vecchio e nuovo, tra noto e ignoto, alla ricerca di un più stabile ruolo e statuto professionale, sia all’interno della comunità scientifica, sia nella vita pubblica.

A questo substrato scientifico se ne affianca uno etico e politico, che porta Shelley a condannare il giovane studente di filosofia naturale, Victor Frankenstein, il quale non ha il cuore di amare la sua creatura, relegandola alla solitudine e alla sofferenza. Sta qui rinchiusa una precisa denuncia contro ogni forma di potere e ingiustizia sociale.

Dopo la pubblicazione di Frankenstein, Mary Shelley non farà passare troppo tempo prima di progettare un altro viaggio. Destinazione: di nuovo l’Italia. La famiglia Shelley parte il 12 marzo 1818 raggiungendo prima Milano e poi Como; sul Lario incontrano Maria Gisborne che diventerà per Mary la figura materna che le era sempre mancata. La quiete però ha vita breve, come sempre accade nella vita di Mary Shelley; si offusca nel giro di pochi mesi quando la figlia Clara Everina si ammala e muore lungo il tragitto che la conduce a Venezia, dove speravano di curarla e dove invece viene sepolta.

I luoghi di Mary Shelley in Italia

Mary si rifugia allora insieme al marito a Este sui Colli Euganei, dove ancora una volta sono ospiti di Byron che tra l’estate e l’autunno del 1818 ha affittato in zona un antico convento cappuccino, oggi Villa Kunkler. La coppia prosegue poi verso Napoli dove restano da dicembre 1818 al febbraio dell’anno seguente in una casa affacciata sul golfo a Chiaia; dopo il soggiorno in Campania si spostano a Roma e nella capitale una nuova disgrazia li colpisce duramente quando muore anche l’altro figlio William nell’estate del 1819.

La favola ritrovata in una soffitta a Fiesole

Solo a ottobre, con il trasferimento a Firenze e la nascita del figlio Percy Florence, Mary ritrova l’ombra di un sorriso, testimoniato da una favola per bambini – Maurice or the fisher’s cot – scritta nel 1820 e ritrovata nel 2013, dopo quasi duecento anni, nella soffitta di una villa sulle colline di Fiesole. Il manoscritto, 39 pagine fitte, sembrerebbe aprire un periodo lieto nella vita della scrittrice che però dura solo sino al 1822 quando, dopo aver soggiornato per qualche tempo a Pisa, Mary Shelley e il marito affittano Casa Magni a San Terenzo, un borgo di pescatori sul Mar Ligure, che condividono con una coppia di amici.

Il ritorno in Italia e le sue ultime opere

Percy è convinto che il mare saprà guarire la sua malinconia; invece perderà la vita in un naufragio nel golfo di La Spezia, il suo corpo restituito dal mare qualche giorno dopo nei pressi di Viareggio. All’ennesima tragedia Mary, dopo un lungo periodo di sconforto, decide di reagire con una ennesima sfida al fato.

Il terzo strappo, dopo sette anni di esilio nella sua terra natia, ha la stessa fisionomia dei precedenti: il ritorno in Italia, dove rimette piede e cuore nel 1840, quando condurrà il figlio sino a Sorrento al termine di un Grand Tour che tocca prima Belgio, Germania e Svizzera. Durante questo periodo Mary Shelley scrive un altro diario, Rambles in Germany and Italy, che copre gli anni dal 1840 al 1843 successivamente ai quali la scrittrice decide di tornare definitivamente in Inghilterra.

Gli ultimi anni di Mary Shelley sono contraddistinti dalla malattia: fortissime emicranie e diversi ictus. Il segreto di Falkner, l’ultimo suo romanzo, rappresenta il testamento narrativo, dopo di che smette sia di viaggiare che si scrivere per dedicarsi alla curatela delle opere del marito.

Mary Shelley muore a Londra nel 1851. Dopo la sua morte si scoprirà in un cassetto, avvolto in un pezzo di seta su cui aveva trascritto alcuni versi, il cuore del suo Percy che aveva voluto salvare dalla pira funebre sulla spiaggia e conservare per il resto della vita. Perché, come ebbe a scrivere: “Consegnerò i miei pensieri alla carta […] ma per comunicare i sentimenti la stessa carta è un mezzo insufficiente.”

Foto di Gabriella Clare Marino