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“Siamo una terra antica di lunghi silenzi, di orizzonti ampi e puri, di piante fosche, di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta. Noi siamo sardi”. Grazia Deledda

Isola di miseria e lotta, generosa e determinata, dove il bello è da cercarsi nell’incontro degli opposti, la Sardegna forse più di altre è l’isola per eccellenza: qui si trova la pura bellezza, dove il primordiale si scontra con la decadenza dell’Europa, e dove due anime antiche, quella locale e quella straniera, si combattono da secoli per la affermazione.

Se la storia sarda è stata in ogni tempo caratterizzata dalla lotta millenaria condotta dagli isolani contro gli invasori, e dunque è una storia di resilienza, probabilmente la Barbagia è il luogo dove il graffio di tale resistenza si è manifestato con maggior ardore e successo. La terra, in altre parole, dove i sardi sono riusciti a conservarsi sempre se stessi, nella fedeltà alle origini autentiche e pure.

Il significato del nome Barbagia

La Barbagia (Barbàgia o Barbaza in sardo) è una vasta regione montuosa della Sardegna centrale che si estende sui fianchi del massiccio del Gennargentu. Il nome è legato al fatto che qui si rifugiarono i sardi che resistettero alle conquiste di Cartaginesi e Romani, qualificati per questo come Civitates Barbariae dall’Impero.

La regione è costituita dall’areale del Gennargentu e dell’Ogliastra, dal Supramonte e dal nuorese fino a Bitti e il suo paesaggio va dai rocciai di granito ai contrafforti del Gennargentu ogliastrino, comprendendo la valle del Rio Pardu, dalle vallate del Cedrino fino ai pascoli di Ollolai, ai pascoli montani di Seui, per poi riscendere a mare verso Baunei.

Il cuore della Sardegna: come visitarlo

La Barbagia è dunque, geograficamente e spiritualmente, il cuore della Sardegna, alternativa e complementare insieme alle meraviglie del mare e alla vita mondana della costa: piccoli paesi, ospitalità calorosa, cibi genuini, tradizioni antiche e una cultura senza tempo. Per questo, se visitate la Sardegna e capitate in Barbagia, non abbiate fretta di arrivare subito al mare: indugiando in queste terre, sarete conquistati dalla magia dei centri storici, con case in granito, vicoli stretti, coortes e pergolati di vite, come per esempio a Gavoi, patria del famoso formaggio “Fiore sardo”.

A Orgosolo, invece, le strade vi parleranno attraverso i murales, dipinti su pareti che raccontano vita, cultura e rivendicazioni politiche; da lì potrete raggiungere la Foresta di Montes e godere la splendida vista dalla cima di monte Novu santu Juvanne, arrivando sino al suggestivo Nuraghe Mereu, fatto di calcare bianco, e all’impressionante canyon Gorropu, con pareti alte sino a 450 metri, regno dell’aquila reale.

La patria del Cannonau di Sardegna

Potrete inoltre rifocillarvi adeguatamente anche sul piano alcolico, perché la Barbagia è la patria indiscussa del cannonau, di cui in particolare Mamoiada, Dorgali e Oliena sono i centri di produzione riconosciuti a livello internazionale.

Ritenuto il vino più antico del Bacino del Mediterraneo (resti di vinaccioli risalenti a 3.200 anni fa sono stati ritrovati in diverse zone dell’isola), il cannonau non solo rievoca ma trasferisce nel suo corpo molto del territorio che lo accudisce. Per molti versi simile come vitigno al Garnacha Tinta ispanico, al Grenache francese o al Gamay del Trasimeno o del Perugino, il cannonau – grazie alla vendemmia tardiva e all’invecchiamento obbligatorio minimo di un anno, del quale, almeno 6 mesi, trascorsi in botti di rovere o castagno – si manifesta come un vino vigoroso dal colore rosso rubino tendente al granata, che sfuma all’aranciato con l’invecchiamento. Al naso è gradevole, mentre al palato il suo sapore è secco, sapido e caratteristico, tale da farsi riconoscere al primo sorso.

In onore al terroir fiero e indomito che lo accompagna nella crescita, il Cannonau è un vino possente, strutturato, dotato di tannini poderosi, acidità bassa, toni speziati e un frutto rotondo fatto di prugne e ciliegie.

Gli abbinamenti perfetti per il Cannonau

Se è un calice di cui tenere a bada l’alcolicità e la vigorosità non è immediato né semplice, in Barbagia lo potrete ammansire magnificamente abbinandolo a piatti poveri, come i culurgiones (pasta ripiena a base di patate, pecorino e menta) o il pane frattau (con uova, pecorino e salsa) uniti al tipico pane carasau (cui può sostituirsi un pane guttiau, salato e oleato) che accompagna, a Oliena, Orgosolo, Dorgali (ma non solo) sempre il porchetto arrosto con il lardo fatto stillare sulla cotenna, oppure l’agnello allo spiedo o la pecora bollita (soprattutto nella Barbagia di Ollolai). Il tutto coronato da squisiti dolciumi: biscotti, amaretti, pabassini, dolci di noce, guelfos, piricchitus, aranzada, pistiddu, pan’e saba, il torrone di Tonara e sa carapigna (uno speciale sorbetto al limone originariamente prodotto con la neve, opportunamente conservata).

Infine, il mare

Ah il mare, certo. Da Oliena si può raggiungere puntando su Orosei, e poi sulla vicina Cala Gonone, oppure degnando il Supramonte e la Foresta di Montes di una ultima occhiata da vicino e percorrendo la strada provinciale 125 che – magari dopo qualche sosta per ammirare la sorgente di Su Gologone, la Valle di Lanaittu (dove sono stati rinvenuti i resti umani più antichi dell’isola), e il villaggio di Tiscali (dove, secondo la leggenda, gli ultimi sardi si rifugiarono per sfuggire ai conquistatori) – vi condurrà a Baunei.

Ecco, sarete finalmente arrivati al mare: ma avrà tutto un altro sapore. Più buono. Più sincero. Più sardo. E, immediatamente, sentirete più vicine le parole di Fabrizio De André: “La Sardegna coincide con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso”.

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Credit foto in evidenza: Grotte del Bue Marino, Dorgali, Wikimedia Commons