L’Italia e la sua storia di migrazioni interne, dal sud verso il nord, è cosa che conosciamo. Uno dei libri che l’hanno meglio raccontata, attraverso l’alter-ego dello scrittore che non lascia il Sud ma tutto quello che ha di buono e di sicuro – la provincia toscana e con essa la moglie e il figlio – per andare a Milano, è “La vita agra” di Luciano Bianciardi. “Agra” non è una vita semplicemente più asciutta a cui ci si può adattare: significa un esistere fatto di sradicamento, nostalgia, frustrazione, rabbia, desiderio perenne di mollare e di tornare.
Anche se Bianciardi era originario di Grosseto, la sua penna anarchica e irriverente avrebbe potuto tranquillamente raccontare con appuntito vigore la Basilicata oggi: una terra che qualcuno definisce Regione Amara ma che altri, e sempre di più dopo la pandemia, iniziano invece a considerare paradigma di un nuovo modo di vivere. Luoghi che profumano di pane appena sfornato, di ragù alla domenica, di carne suina e ovina, legumi, cereali e verdure, in primis peperone crusco e rafano, tenuti a bada con l’ottimo Aglianico.
Il fascino della Basilicata e il turismo lento
Se, nel frattempo, i cartelli sulle finestre di nuove case in vendita aumentano e le strade e le scuole continuano a svuotarsi, il fascino della Lucania è anche qui: spaziando con la mente su quei cumuli di pietre che chiamano paesi, su quei serpenti di pietra senz’acqua che attraversano angoli di deserto in cui si cela, misteriosamente, l’essenza di una vita primigenia, densa di prorompenti significati autentici. Scorci d’incanto, a tratti malinconici, che molti di noi non hanno nemmeno sentito mai nominare ma che urlano oggi, con forza e orgoglio, il messaggio dell’Italia migliore e più bella: quella del turismo lento, del recupero intelligente delle tradizioni non come pura nostalgia bensì come afflato di un domani che possa essere di nuovo positivo.
Ne è esempio Irsina, piccolo paesino medioevale inserito nella lista dei borghi più belli d’Italia. Circondato da un grande bosco dove perdersi e camminare per ore, Irsina è diventata la nuova casa di 45 famiglie straniere (belghe, sudafricane, americane), tutte ammaliate dallo stile di vita e dal calore della gente del posto, così tanto da partecipare in maniera attiva anche alla vita politico-amministrativa della città all’interno della “Consulta degli stranieri”, un progetto di dialogo e confronto tra amministrazione e residenti.
Tornando a Bianciardi, egli ci parla anche oggi di una condizione che è in parte ancora di fronte a noi, e su cui molto si teorizza anche a sproposito, ossia la condizione del “lavoratore della conoscenza”. Dentro questa evoluzione del lavoro c’è forse il seme più potente e limpido del possibile futuro di questa terra; un domani fatto di “nuovo radicamento nomade” che rifiuta però ogni tentativo di evasione e di esotismo sia narrativo che biografico. Di questa opportunità di “vita nuova” ne è espressione la Basilicata tutta, che ci parla con una voce che diventa una sorta di sintesi di tutti gli idiomi che s’intrecciano e sovrappongono al suo interno mentre la si percorre.
Non si può essere distratti davanti a una regione così; lo insegna Matera, terra da scoprire e da salvare, nominata capitale europea della cultura per il 2019: l’ambiente salubre, la vita più lenta, la natura e tutto quello che la Basilicata ha da offrire rispondono oggi alle sollecitazioni provenienti dall’esterno con un nuovo senso di accoglienza. Se alcuni hanno adottato piazze e angoli, si potrebbero qui adottare anche la gentilezza della gente, la tranquillità, la forza e la bellezza dei paesaggi, il cibo e il vino.
Certo, la si potrebbe raccontare ben diversamente la storia e l’oggi della Basilicata: come una saga di sacrifici e deboli ricompense, oppure come un’epopea di nuovo esilio ininterrotto e di spopolamento progressivo. Ma abbiamo scelto di puntare gli occhi sugli aspetti più intensi e affascinanti di questa nuova cultura della creatività e della crescita diffuse, fornendo forse degli anticorpi nei confronti di dogmi sulla Basilicata diffusi e incontestati.
Citazioni famose sulla Basilicata
“Una povera città di trogloditi”, ebbe a dire nell’ottobre del 1882 un giovane Giovanni Pascoli rispetto alla sua prima impressione di Matera. Poi ci fu Carlo Levi, confinato dal regime fascista dapprima nel paese lucano di Grassano e poi nel minuscolo centro di Aliano; medico, pittore, scrittore, vissuto in un ambiente oltremodo raffinato come quello della intellighenzia torinese, di colpo si trovò precipitato in un mondo dimenticato e inaccessibile: povero e arretrato, analfabeta e bigotto. Senza infrastrutture. Senza servizi. Senza possibilità di salvezza dalla morte civile. “In questa terra oscura – scrisse Levi – senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli”. Per fortuna, a partire dalla legge speciale De Gasperi sul risanamento dei Sassi di Matera del 1952, nella seconda parte del Novecento e nei primi anni del secolo le cose sono un po’ cambiate, per cui la Basilicata non è più ad oggi un nulla dimenticato pure da Cristo. Una rinascita che, non a caso, è passata anche dal cinema: la Basilicata, infatti, è stata dal dopoguerra ad oggi set di più di 40 pellicole di registi del calibro dei fratelli Taviani, Rosi, Rossellini, Pasolini, sino al più recente “La passione di Cristo” di Mel Gibson.
Il patrimonio letterario lucano
Certo, ancora oggi è difficile arrivare a Matera; ma, nonostante ciò la città, inserita a pieno titolo nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco, è diventata un importante polo turistico guidando una via verso la rinascita della Regione che passa anche da Tricarico con il suo sindaco-poeta, l’indimenticabile Rocco Scotellaro; e ancora da Tursi – paese natale del poeta Albino Pierro – da Montemurro – terra natale del poeta Leonardo Sinisgalli – da Venosa – patria di Orazio – arrivando sino a Rionero in Vulture, nel potentino, per scoprire simbolicamente il luogo natale del grande meridionalista Giustino Fortunato che, insieme a Gaetano Salvemini, si è battuto per salvare dalla dimenticanza le terre del Sud.
Parafrasando Bianciardi, si può dire che tutto quello che c’è di medio – prelievo fiscale medio, la ricchezza media, i ceti medi, la bellezza in media – in Basilicata vivaddio non esiste. Purché siate pronti a scarpinare, a fare polvere, a pestare i piedi, troverete tutto ciò che sta fuori dal medio vivere e sentire: paesaggi, sapori, colori e persone impossibili da dimenticare, rivelatrici e appassionanti; un percorso alternativo rigenerante che va oltre il folklore della vita di paese, oltre la foto-ricordo da condividere e oltre l’elegia di un mondo tanto idilliaco quanto irreale e fatuo.
Preparatevi dunque a gustare il sapore agrodolce della Basilicata, terra epica di briganti e statisti, di celluloide e di pietra, di contadini e poeti. Una terra che non nasconde la sua storia di abbandono e angoscia, ma che ha risposto al suo destino con tenacia, umiltà, orgoglio e meraviglia mai retoriche. Oggi, più che mai, per tutti, una lezione su come si può rinascere, in meglio e davvero, attraverso la Bellezza.
Foto di Luca Micheli