L’incontro tra Pasolini e Ezra Pound
L’incontro a Venezia nell’ottobre 1967 tra Ezra Pound e Pier Paolo Pasolini rappresenta un momento raro e di valore inestimabile, tanto da essere ancor oggi disponibile nelle teche RAI e visibile su RayPlay. È infatti l’occasione dove due spiriti affini – seppur così diversi nei loro percorsi esistenziali e nelle scelte ideologiche – giungono ad una “pacificazione” umana ed intellettuale nel segno della grande letteratura. Una sorta di passaggio di testimone dal vecchio saggio, che aveva conosciuto la coercizione in un ospedale psichiatrico a causa delle sue note simpatie per il fascismo, al giovane scrittore e regista la cui sensibilità artistica, di segno del tutto antitetico, stava scompigliando la morale dell’epoca.
Nel “Manifesto per un nuovo teatro” Pasolini aveva teorizzato, e poi agito, l’importanza di scenografie spoglie, del “darsi del tu” e del “guardarsi negli occhi”; tutto questo c’è a Venezia, nella casa di Pound in Calle Querini: arredamento non assente ma spoglio, democrazia di parola e di opinione, l’intenzione di guardarsi dritto negli occhi.
Ma la domanda era, ed è: cosa potevano mai dirsi il poeta più emarginato d’America e l’intellettuale più disallineato del comunismo italiano? Pound tornava a parlare dopo anni di silenzio, e dopo tredici anni di manicomio criminale; Pasolini dal canto suo iniziava da poco ad essere riconosciuto come intellettuale a tutto tondo dopo anni in cui era stato schernito, accusato, dileggiato dall’Italia dei benpensanti.
L’ incontro fra Pasolini e Pound è fra due anime solo apparentemente distanti
Due eretici. Due anime vibranti, opposte e in apparente contraddizione.
Due uomini distanti per politica, età e letteratura.
Ma due poeti, con lo stesso amore per la parola, la sensibilità, il coraggio e la lucidità nella sofferenza, espressa attraverso l’arte.
In un insieme di conflitto e contatto, a Venezia l’universo poetico potente di Pasolini e la voce drammatica e a suo modo rivoluzionaria di Pound si ascoltano l’un l’altra da vicino, molto vicino. Come testimoni uniti da cicatrici di origine diversa ma ancora lacere e pulsanti. Come carne e ossa che dialogano con rispetto reciproco.
Pound è seduto su una poltrona di legno, che assomiglia per fattezze ad una sedia a dondolo; Pasolini gli sta a fianco su una poltrona a righe bianca, comoda, morbida. Tiene una cartella di fogli sulle gambe e su questa un libro e degli appunti da cui legge, con tono partecipato e quasi sognante, le parole che sanciscono in apertura del dialogo il loro patto di uomini feriti ma orgogliosi di esserlo.
Il dialogo fra Pasolini e Ezra Pound e il ritorno alle origini
Stringo un patto con te, Ezra Pound:
ti ho detestato ormai per troppo tempo.
Vengo a te come un figlio cresciuto
che ha avuto un padre dalla testa dura.
Questa dichiarazione delicata e incandescente segna un avvicinamento di Pasolini al poeta americano che risulterà di lì in avanti sempre più presente nella sua opera, con una funzione ben precisa e correlata a temi a lui cari sin dalle origini: l’adesione ad una prospettiva sempre spinta al futuro – all’interno e non contro la modernità – ma nel solco di un’etica fondata sull’equilibrio tra uomo e natura. In tal senso una visione allo stesso tempo pragmatica e virtuosa univa Pound e Pasolini, avvicinati dall’essere due poeti “fuori norma” alle prese con la crisi della civiltà occidentale e incantati da un mitico ritorno alle origini della storia: a quel mondo contadino, a quel tempo prima del tempo in cui l’uomo si adeguava alle leggi della natura accogliendone con convinzione il messaggio. Oltre a questo, ad unirli era la stessa idea di poesia: fatta di mito, di segmenti, di citazioni, di frammento più che discorso, di nostalgia furente.
Sul palco del Teatro “Pacta” di Milano uno spettacolo in memoria dei due poeti “outsider”
Queste sono le fondamenta del loro patto sancito a Venezia. Una pace di certo “armata” ma solida e sincera. Figlia di un’onestà pura, quasi religiosa. Scritta nel petto, nella voce, nell’idea di portare entrambi una croce inscritta tra terra e pelle. Tra il nero e il rosa. Il secco e il morbido. Il freddo e il tiepido della carne. Un patto che risuona forte nell’anno che celebra i cinquant’anni dalla morte di Ezra Pound e i cento dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, e che PACTA Salone riporta in scena all’interno di “New Classic”, la sezione del programma dedicata ai grandi maestri.
DUE OUTSIDER MITICI sarà sul palco dal 15 al 20 novembre 2022, come intreccio di due spettacoli: PASOLINI – IN UN FUTURO APRILE – reading con Alessandro Pazzi sull’opera poetica del poeta bolognese affiancato dalla prima assoluta di EZRA POUND – I CANTOS – performance poetica in musica con Annig Raimondi. Nel foyer del teatro sarà visibile anche l’intervista di Pasolini a Pound.
In scena Pasolini e Ezra Pound, raccontati attraverso la loro poesia
Grazie a PACTA dei Teatri, Ezra Pound e Pierpaolo Pasolini sullo stesso palco, ancora uno davanti all’altro come fu a Venezia. Pronti con la loro macchina da scrivere e un foglio bianco ancora da scrivere. Pronti col loro grembo di cristallo, vestiti di tutto punto, coi cuori che odorano di erba e dei sudori rassegnati nel torace. Pronti a spogliare la parola così che possa arrivare intensa, forte e necessaria. Pronti a dialogare delle colpe dei padri, della purezza innocente della gioventù e della vita come atto poetico.
In due diversi spettacoli messi ad intreccio, Pasolini e Pound, allo stesso tempo privati e pubblici, si raccontano attraverso l’acutezza della loro poesia; brandelli di vita che si palesano, affondano e riemergono, nella convinzione comune che “Quello che veramente ami non ti sarà strappato. Quello che veramente ami, sarà la tua vera eredità”.
L’eredità scomoda di Pasolini e Ezra Pound
Pound e Pasolini: due immagini, due icone, due intellettuali corsari, due traumi letterari di abnorme precocità che ci interrogano oggi ancora più forte. Due idee di futuro lasciate in scomoda eredità nella coscienza dei ricchi e degli ignavi.
Lo spettacolo su Hemingway andato in scena al teatro Pacta Salone qui
Foto: Paolo Corradeghini