fbpx Skip to main content

Fondazione Italia Sociale sceglie 76 “Luoghi del Noi” come esempio di impegno civico e bellezza

Nel giugno del 2021, Fondazione Italia Sociale ha dato il via a un progetto innovativo e originale: la campagna CIVIC PLACES, la prima in Italia a sostegno dei luoghi per l’impegno civico. Dopo aver ricevuto più di 200 candidature, un comitato di esperti ha selezionato ben 76 “luoghi del noi” che hanno ricevuto il marchio registrato CIVIC PLACES. Ma che cosa sono i CIVIC PLACES? Sono luoghi di impegno civico, spazi fisici diventati testimonianza di esperienze umane e culturali capaci di segnare il contesto sociale nel quale si trovano. Si tratta di luoghi del noi che grazie all’intervento attivo delle persone diventano luoghi di bellezza. Il messaggio che sta dietro alla campagna è proprio questo: la bellezza può andare oltre l’estetica e diventare esperienza concreta di incontro e comunione.

L’esempio di rigenerazione urbana e impegno civico a Favara con Farm Cultural Park

Oggi vogliamo raccontarne uno in particolare. Un luogo che è stato riconosciuto tra i 10 più attivi ed inclusivi: Farm Cultural Park di Favara, “a place that makes you happy” come suggerisce il suo sito internet, e per farlo al meglio abbiamo contattato per una breve intervista Florinda Saieva, fondatrice insieme a suo marito di questo straordinario progetto.

Farm Cultural Park è un centro culturale che sorge nel centro storico di Favara, in provincia di Agrigento, nel quartiere noto come i “Sette Cortili” perché caratterizzato proprio da sette piccole corti. Farm è un luogo multifunzionale, un centro di rigenerazione urbana che riunisce i cittadini, ma anche i turisti, creando un forte senso di comunità e condivisione.

Il progetto, le fasi, le difficoltà e le conquiste

La storia di questo luogo inizia nel 2010. Favara fino a quel momento è uno dei tanti paesi italiani in stato di decadenza, che ospita vecchie palazzine, ruderi in stato di quasi abbandono e una popolazione sempre più ridotta. Il 23 gennaio 2010 un brutto incidente segna la città per sempre: una palazzina nel centro della città crolla e due bambine, Marianna e Chiara, perdono la vita.

L’incidente non lascia indifferente la comunità di Favara, in particolare Andrea Bartoli e Florinda Saieva, due appassionati d’arte e architettura che da Parigi hanno deciso di trasferirsi in Sicilia con già l’idea di dare il via ad un cambiamento. La disgrazia li spinge ad agire con anticipo ed è così che dall’urgenza e dalla tragedia intraprendono un progetto che donerà un’identità del tutto nuova alla città.

Perché nasce il progetto della Farm Cultural Park?

Quando abbiamo deciso di trasferirci da Parigi a Favara ci siamo detti che per non rimpiangere questa scelta dovevamo fare qualcosa per stare bene nel luogo in cui avevamo deciso di vivere, anche per non avere rimorsi nei confronti delle nostre figlie. Abbiamo scelto quindi di fare concretamente qualcosa per migliorare il contesto in cui vivevamo e l’abbiamo fatto investendo sulla cultura.

Qual è il messaggio che volete trasmettere?

Il messaggio che vogliamo trasmettere è proprio quello che se ognuno di noi fa ciò che può per migliorare il contesto in cui vive le cose possono davvero cambiare. In Italia abbiamo un po’ la tendenza a dare la colpa agli altri, spesso alla politica, per le cose che non ci piacciono, ma il cambiamento può avvenire solo se noi lo vogliamo. Con la Farm abbiamo dimostrato che investendo sulla cultura e la rigenerazione urbana le cose possono davvero cambiare, anche con relativamente poco.

Il centro storico si trasforma così in una galleria d’arte moderna e in un laboratorio di sperimentazione che attira artisti e turisti da tutto il mondo. L’arte e la creatività diventano ben presto il mezzo per elaborare ed esprimere opinioni in tema di sostenibilità e diritti, unendo in questo modo la riqualificazione del centro storico alle esigenze dei cittadini che lo abitano. Un cambiamento che parte dal basso, dalle necessità e dai desideri delle persone che scelgono ogni giorno di attuare un cambiamento per sé stessi, ma anche per le generazioni future.

Qual è stato l’ostacolo più grande che avete dovuto superare?

Più che grandi ostacoli ci sono state piccole incomprensioni e difficoltà più che altro burocratiche, ma questo fa parte del gioco. Sicuramente c’è stata una forte diffidenza iniziale da parte di chi ci osservava. Era un periodo in cui ancora non si sentiva parlare di innovazione sociale e rigenerazione urbana, per questo il nostro progetto ha sollevato senz’altro dello scetticismo.

La Farm si espande e diventa luogo di sperimentazione, attivismo sociale e formazione. Nel corso degli anni acquista alcune delle abitazioni situate all’interno dei Sette Cortili e li trasforma in luoghi polifunzionali. Spazi di incontro, una scuola di architettura per bambini, negozi vintage, luoghi di ristoro e gallerie espositive sono solo alcuni esempi di ciò che oggi si può trovare nel centro storico di Favara.

Gli obiettivi per il 2022

Quali sono adesso i vostri obiettivi e che cosa vi augurate per il futuro?

Nel 2022 ci saranno tantissime nuove iniziative e apriremo nuove sedi in altri territori. Uno degli obiettivi è che la comunità si possa espandere e, in un certo senso, emancipare dalle figure che l’hanno fondata. Per il futuro ci auguriamo che più privati si rimbocchino le maniche e inizino a cambiare le cose investendo proprio in progetti culturali e comunitari che possono avere un ritorno in termini sia personali che sociali.

Farm è davvero un esempio di cittadinanza attiva, impegno civico e voglia di innovazione. Un acceleratore di particelle culturali, per usare le parole dell’urbanista Maurizio Carta, che può essere d’ispirazione per lo sviluppo di un senso civico e di comunità nel nostro Bel Paese.