Diceva John Steinbeck che “Una città è come un animale. Possiede un sistema nervoso, una testa, delle spalle e dei piedi”. Beh, Monterano sembra fatta apposta per sentirsi cucita addosso con furore questa citazione: un luogo feroce e indimenticabile, dotato di un corpo secolare che mostra al cielo le sue ferite insieme alle sue bellezze, con spalle forti ma piedi che spesso nei secoli si sono dimostrati d’argilla. Una piccola grande città che, fuori dal delirio delle rotte ufficiali, pare ideale per sconvolgere il cuore anche al più renitente dei viaggiatori. La chiamano “città fantasma”, ma ogni storia d’amore non è forse anche una storia di fantasmi?
Perché Monterano è una città fantasma
Un tempo prestigioso feudo di importanti famiglie, oggi Monterano è uno scrigno di rovine nascoste dalla vegetazione che si trova a Ovest del Lago di Bracciano, su un’altura di tufo incastonata tra le gole a cavallo tra i Monti della Tolfa ed i Monti Sabatini. Le origini del borgo risalgono all’epoca etrusca, e vedono succedersi dominazioni romane prima e longobarde poi, entrambe desiderose di sfruttarne la strategica posizione. Monterano raggiunge il suo massimo splendore in epoca medievale, quando diviene uno dei centri più importanti dell’area Sabatina. Il territorio passa poi di mano in mano tra nobili famiglie come gli Anguillara, gli Orsini ed infine gli Altieri, ed è proprio grazie ad un Altieri, Papa Clemente X, che Monterano assume un incredibile prestigio e si popola di numerose opere architettoniche e scultoree di un giovane Bernini. In quel tempo Monterano era un luogo di bellezza e di libertà. Spazio che accoglieva artisti da ogni dove; nelle vie strette ci si salutava, ci si riconosceva e si campava insieme come comunità. Monterano pulsava di vita, di uomini, di cultura e sembrava del tutto padrona del proprio destino.
Con la morte del Pontefice però inizia una lenta e ingloriosa agonia che porta il piccolo borgo verso la decadenza, accelerata da un’epidemia di malaria prima, e da un devastante saccheggio da parte delle truppe napoleoniche poi. Nel XVIII secolo, di Monterano non c’è già quasi più traccia: né della città, né del suo possibile futuro rinascimento.
Cosa vedere a Monterano
Letta in questo modo, la storia di Monterano sembra un film: fatta di epica, momenti di gloria e tremende disfatte che caratterizzano, come cristallizzate, lo scenario odierno quasi irreale, dove opere berniniane convivono con foreste incolte e palazzi nobiliari osservano cavalli e mucche al pascolo. I malinconici resti del paese che fu sono immersi in boschi dalle querce secolari, dove è possibile godersi il silenzio e la quiete mentre si passeggia verso l’altura che ospita il sito storico. Qui, la prima decadente meraviglia che si incontra è l’antico acquedotto romano, che sembra una gigantesca porta di accesso alla città; risalendo poi verso il nucleo di Monterano, si iniziano ad intravedere le rovine di ciò che resta delle architetture un tempo ammantate da celebrità e splendore, in primis il palazzo baronale degli Altieri, una delle opere che il genio del Bernini ideò e mise in opera e che, nonostante il tramonto che ha colpito le sue mura, è ancora oggi carico di intenso fascino. Ai confini del palazzo è poi possibile avvistare un grande leone scolpito sulla sommità di una originale fontana, sempre opera del Bernini, che per le sue estroverse fattezze è conosciuta come la Fontana Capricciosa.
Lo spirito di Bernini a Monterano echeggia ovunque, perché progettò anche il seicentesco Convento di San Bonaventura, l’edificio più noto di Monterano che oggi sorge annesso ad una Chiesa ormai rapita dalla vegetazione, come emblema di un panorama che infonde al contempo nostalgia per l’antico prestigio perduto e assoluta fierezza. Tutt’attorno, la natura rigogliosa è disseminata di sepolcri etruschi, grotte e pozze d’acqua ribollenti, a testimoniare l’attività vulcanica della zona. La Riserva naturale regionale Monterano, istituita nel 1988 e sottoposta a vari interventi migliorativi nel corso degli anni, nei suoi mille ettari include l’area intorno alle rovine, completamente bonificata, e ciò che resta degli antichi monumenti, restaurata e posta in sicurezza. Sul piano naturale si tratta di uno dei più rappresentativi e intatti angoli della Tuscia Romana, caratterizzato da boschi collinari, forre vulcaniche, prati, pascoli e dall’attraversamento di un corso d’acqua, il Fiume Mignone, incluso nei Siti di Interesse Comunitario. Tale patrimonio dialoga oggi perfettamente con chi decide di visitarla attraverso la lingua del silenzio: qui non ci sono impianti di illuminazione, né bar, né ristoranti.
Film girati a Monterano
Monterano ci parla però non solo attraverso la quiete, ma anche con la lingua del cinema che – punteggiata di visioni, sogni e desideri – ha battezzato Monterano come location di numerosi film tra i quali il kolossal “Ben Hur” (1959) e tre commedie firmate da Mario Monicelli: “Guardie e Ladri” (1951), “Brancaleone alle Crociate” (1970) e “Il Marchese del Grillo” (1981). Nascosti tra corse di bighe, eserciti improvvisati e nobiltà decaduta, gli spiriti di Charlton Heston, Vittorio Gassman e Alberto Sordi abitano ancora a Monterano: non si sa dove, ma ci sono. Vi verrà voglia di cercarli questi fantasmi una volta arrivati, con l’occhio che immagina il loro passato; ma, invece, dovrete farlo ad istinto, perdendovi tra riflessi e ombre perché, con le parole di Walter Benjamin: “Non sapersi orientare in una città non vuol dire molto. Smarrirsi in essa, come ci si smarrisce in una foresta, è la vera cosa da imparare”.
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