“Il grande oggetto della vita è la sensazione – sentire che esistiamo, anche se nel dolore. C’è un’estasi… c’è vita laddove nessuno s’intromette: non è ch’io ami di meno l’uomo, ma la Natura di più.”
In queste parole ritroviamo il senso più profondo della storia d’amore tra Lord Byron e l’Umbria e la natura che essa gli offre come fosse il più prezioso dei doni. Natura con la quale Byron vuole diventare un tutt’uno per trovare la verità delle cose. “Confondersi con l’universo e lì sentire”.
L’Umbria è un territorio che, nonostante le non immense dimensioni, si offre ai turisti come notevole risorsa dal punto di vista culturale, storico e paesaggistico. Non a caso il suo paesaggio – grazie alle infinite distese collinari tinte di un color verde smeraldo, ai suoi tanti borghi medievali e agli imponenti corsi d’acqua che ne macchiano il territorio – è stato musa ispiratrice per poeti e letterati, da Virgilio fino a Byron.
Byron in Italia
Incriminato di parecchi scandali quali incesto, adulterio, sodomia e omosessualità, il giovane George Gordon Byron (conosciuto al grande pubblico con il nome di Lord Byron) fu costretto ad abbandonare la sua patria, nel 1816, nel tentativo disperato di salvare la sua reputazione. Il poeta ribelle prese esempio da chi prima di lui, per le stesse motivazioni, decise di abbandonare la propria patria, scegliendo così l’Italia come nascondiglio sicuro. Quello che doveva essere un semplice rifugio diventò ben presto una storia d’amore; Byron rimase folgorato dalle bellezze della penisola così da decidere di girarla di lungo in largo, prima Venezia, poi Firenze e poi ancora Genova, in un vero e proprio Grand Tour. Durante il suo viaggio alla volta Roma, avvenuto tra il marzo e l’aprile del 1817, dovette passare per l’Umbria, una regione a lui sconosciuta. Si trovò faccia a faccia con un paesaggio selvaggio e incontaminato, il quale scatenò il suo animo romantico costringendolo a soggiornare più del previsto per osservare con più dedizione le sue bellezze nascoste. Decise di immortalare quell’incontro spirituale dedicando all’Umbria undici strofe, cento versi, nel suo famoso poema narrativo “Childe Harold’s Piligrimage” (Il Pellegrinaggio del giovane Aroldo).
L’acqua nei versi di Byron
Nei suoi versi scriverà di tre luoghi in particolare, tre grandi quadri naturali i quali hanno tutti un elemento in comune: l’acqua. Questi incontri non sono frutto di una casualità: l’acqua è l’origine di tutte le cose della natura, natura che Byron (da buon poeta romantico) venera e ama, ed è sorgente della vita dell’essere umano: quella vita che Aroldo, il giovane protagonista del racconto byroniano, sta cercando in tutti i modi recuperare, e che per molti anni ha lasciato in preda al caos.
Tornare all’acqua per Byron, attraverso Aroldo, rappresenta la possibilità di resettare la sua esistenza e ricominciare da capo a scrivere la propria storia, nella speranza di ritrovare sé stesso dopo anni di perdizione agita ma anche subita.
I luoghi italiani celebrati dal poeta
Una redenzione che avverrà solo in parte. Dalle cronache del tempo apprendiamo infatti che, nonostante i suoi sforzi, Byron non abbandonò mai del tutto il gusto di trasgredire. E forse già sapeva di non poter cambiare mentre osservava uno dei grandi patrimoni naturali dell’Umbria, la Cascata delle Marmore:
“Ella s’avanza / Come un’eternità per ingoiare / Tutto che incontra, di spavento l’occhio / Beando, impareggiabile cateratta / Orribilmente bella”.
Nelle sue parole riecheggia il terribile, che impaurisce ma ci attrae con la sua forza; e noi, come lui, osservando questa imponente cascata (una delle più alte d’Europa, con un’altezza pari a 165m) più di due secoli dopo dalla passerella del Belvedere inferiore, proviamo le stesse identiche sensazioni: se per un verso abbiamo il presentimento che a un certo punto possa travolgerci, dall’altro ne rimaniamo ammaliati continuando cautamente a osservarla. È quel turbamento che gli intellettuali romantici descrivevano come sublime: la consapevolezza di essere inermi davanti alla forza della natura ma di poterne godere l’attrazione mantenendo le giuste distanze, spinti dall’istinto di autopreservazione.
Dopo la Cascata delle Marmore, la traversata dell’Umbria condusse Lord Byron alle Fonti del Clitunno. Situate sulla via Flaminia, fra Spoleto e Foglino, sono un vero e proprio angolo di paradiso in terra, tanto da poter vantare una lista molto ampia di citazioni letterarie, a partire da Plinio il Giovane il quale, a un amico, scriveva:
«Hai mai veduto le Fonti del Clitunno? Se non ancora, e credo di no, altrimenti me ne avresti parlato, valle a vedere. Io l’ho viste da poco e mi rammarico di averlo fatto troppo tardi».
Ovviamente le sorgenti di cui parla Plinio non sono le stesse che possiamo ammirare noi oggi, esse hanno cambiato aspetto a causa di un forte terremoto avvenuto nel 444 d.C.; ma la potenza evocativa del luogo rimane intatta, e colpì lo stesso Byron. In particolare, a pochi passi dalle sorgenti, si trova un piccolo sacello a forma di tempio, un edificio paleocristiano che risale al V secolo il quale dal 2011 è iscritto alla lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Un santuario dedicato alle divinità fluviali, a cui Byron fa riferimento nel suo scritto:
«la dolcissima onda / del più lucente cristallo / che mai abbia offerto rifugio a ninfa fluviale»
Il terzo luogo naturale che sancisce il rapporto tra Byron e l’Umbria è il Lago Trasimeno. Fin dalla preistoria il Trasimeno – grazie al suo clima, alla sua estensione e alla sua macchia mediterranea – è stato un luogo favorevole per l’insediamento delle diverse popolazioni che si sono susseguite nel tempo. Sulle sue sponde per Byron si concretizza la memoria di un tempo passato e si visualizza la storia dell’umanità che l’ha abitato. È qui che, riavvolgendo il filo del tempo, Byron rilegge i tormenti e il destino di Caio Flaminio in un mattino di nebbia nel 217 a.C., durante la seconda guerra punica. È infatti a Tuoro, sulle rive del lago, che Caio Flaminio, console delle legioni romane, si prepara a subire una delle disfatte più brucianti di tutta la storia della potenza dell’Impero Romano per mano del cartaginese Annibale, che sarà capace di annientarlo grazie alla sua abilità tattica e alla sua astuzia. Su questo medita Lord Byron, osservando la distesa «argentea» del lago Trasimeno: pensa alla guerra, alle sue conseguenze. Pensa alla morte e alla devastazione. Quante morti in un luogo che da secoli dona tanta vita. Acqua è vita, morte è non vita. Egli scrisse:
Adesso il Trasimeno offre una scena ben differente; il suo lago è uno specchio argenteo, e la pianura non è trafitta da alcuna ferita se non dal pacifico aratro […].
Tre luoghi. Tre attimi. Tre folgoranti visioni donateci dalla natura e ampliate dalla poesia. Byron attraverso questi tre quadri ambientali ci porta alla scoperta di una terra che riassume la forza evocativa dell’Italia intera. Armati di stupore e curiosità possiamo trovare questa grandezza stando anche al di fuori dei classici itinerari: non limitandoci solo a vedere ma imparando a guardare per davvero, perché la bellezza è ovunque.
Foto di Sterlinglanier Lanier