C’è un quartiere ricco di storia alla periferia di Milano e un’edicola che, invece di chiudere, apre: sono piccoli segnali, gocce nel mare. Ma forse no, sono le trasformazioni dal basso, gli avamposti civili, che ci piacciono perché ci insegnano che le comunità hanno davvero la forza di cambiare il corso della storia. Anche quando sembra tutto ormai già scritto.
Martina Pomponio – tra i fondatori – la definisce così “AEdicola Lambrate è un progetto culturale che sfida l’attuale inesorabile scomparsa di questo importante dispositivo, attraverso la ricerca di un nuovo modello di impresa che avvicini le persone alla lettura, al confronto, all’espressione del proprio pensiero e alla condivisione di idee. Senza paura.”
Alessandro Ghidini, giovane “aedicolante”, ci racconta come è andata.
“Tutto è cominciato quando Paolo Iabichino, uno dei fondatori, ha realizzato che l’edicola di via Conte Rosso dove aveva comprato il giornale per anni, avrebbe chiuso per non riaprire mai più. Non era la prima né l’ultima a sparire, ma Paolo non si è dato pace e ne ha scritto sui social media, immaginando di trasformare un’edicola ormai chiusa in un luogo di aggregazione culturale per il quartiere.
Non c’è nulla più contagioso di una buona idea, si sono fatte vive altre persone del quartiere, Martina e Alioscia e poi Michele, tutti pronti a far qualcosa per realizzarla. A quel punto sono arrivato io, “pescato” tra tanti aspiranti aedicolanti che hanno risposto all’appello: mi sono candidato subito, a 28 anni è il progetto perfetto per dare una direzione alla mia vita lavorativa, è esattamente quello che stavo cercando.
Sono sempre stato un po’ precario, ho fatto vari stage, avevo un contratto in libreria e ho subito pensato ‘che bello, mi candido’. Niente selezioni stile X Factor, ai fondatori è bastata una chiacchierata per capire che ero la persona giusta.
Il progetto incrocia un po’ tutte le cose che ho studiato, ho fatto e voglio fare. Ho una formazione letteraria e un master in giornalismo, qui però è necessario anche mettersi in proprio e, soprattutto, credere che tutto questo possa funzionare: credo nello spirito del progetto, mi sono sentito nel posto giusto per la prima volta dopo tanto tempo, mi sono sentito valorizzato come persona.
È un progetto dal basso, un’idea di cultura di prossimità, orizzontale. Un “avamposto civile culturale” che parla del quartiere, che nasce ‘dal e per’ il quartiere, che va anche un po’ a recuperare qualcosa che negli anni si è andato a perdere. Le edicole stanno chiudendo, basta vedere i dati. Però sono dei punti di riferimento, anche solo per scambiare chiacchiere, idee, conoscenze, strette di mano, rapporti a cui ci stiamo disabituando. Si sta perdendo dappertutto, non solo nelle metropoli, anche nei paesi piccoli. Aedicola Lambrate nasce con l’idea di tornare ad un ritmo più lento, di approfondimento, tornare alla carta, tornare a scambiarsi delle idee tra persone.
Lambrate: un paese che è diventato un quartiere
Vogliamo organizzare eventi, collaborazioni su temi culturali e sociali, per unire le persone e, soprattutto, restituire un luogo che a Lambrate esiste da un centinaio d’anni. All’incrocio della via Conte Rosso già negli anni ’20 del secolo scorso c’era un chioschetto rotondo, quando Lambrate era appena entrata a far parte del Comune di Milano.
Si tratta di un quartiere particolare, un tempo era un Comune rurale autonomo, 100 anni fa è stato definitivamente annesso alla città di Milano, è stato inglobato – ma anche cannibalizzato dalla città, con le sue logiche urbanistiche che chiedevano abitazioni per la forza lavoro necessaria allo sviluppo metropolitano. Non si è guardato troppo alla bellezza, ma solo alla funzionalità. Lambrate, come altri comuni rurali annessi nel 1923, è stata snaturata nel suo spirito identitario. L’aedicola vuole recuperare questo aspetto, è uno scorcio su qualcosa che è rimasto, ma è difficile da vedere.
Il progetto è stato accolto con tanto entusiasmo: tante persone ci stanno sostenendo, ci dicono che bello, non vediamo l’ora. Sono venute a salutarci persone che venivano a comprare il giornale qui dal ’46, quasi un secolo fa.”
Si ferma un signore: “Ho una missione impossibile per te: ho bisogno di un quotidiano inglese, uno russo e uno giapponese. Forse anche uno francese. Riesci a procurarmeli?”. Essere un punto di riferimento vuol dire esserci, anche per richieste improbabili che sembrano quasi essere uscite da una barzelletta.
Un progetto che nasce plurale
“Non ci saranno solo quotidiani e periodici ma anche i libri e una vetrina destinata all’editoria indipendente, di magazine e di libreria. La cosa più importante quando si parla di cultura è farla diventare un concetto più largo possibile. La cultura non è appannaggio di alcuni e di altri no. Non è semplicemente avere la rivista verticale, bella. La cultura che intendiamo qui non è schizzinosa, viene dal basso, è orizzontale e tende ad includere. Passano persone che ci propongono collaborazioni, su un collettivo fotografico, perché hanno scritto un libro o perché vogliono collaborare: questo è un po’ lo spirito del progetto, che nasce plurale, vuol fare rete. La pluralità nasce dal quartiere stesso e da come s’intende l’idea di comunità.
Parliamo di militanza culturale per connotare questo progetto anche dal punto di vista sociale: questa via è una trincea che fa parte del nucleo storico di Lambrate, divide il quartiere tra la parte storica, con l’antica chiesa di San Martino e l’altra parte, quella che ha subito l’urbanizzazione selvaggia, con nuove costruzioni destinate a ceti abbienti, lontani dalla natura del quartiere.
La Resistenza a Lambrate: un’eredità importante
Mi sento davvero onorato di lavorare attivamente a un progetto che cerca di riconnettersi in continuità con la storia. Arrivando qui dal centro della città si possono vedere 114 platani: ricordano i 114 abitanti del Comune di Lambrate caduti nella prima guerra mondiale. Lambrate è stata uno delle zone calde della Resistenza a Milano, anche grazie alle operaie e agli operai dell’Innocenti – una fabbrica modello del fascismo produttivo – tanto che 15 operai il 10 marzo del ’44 furono deportati a Mauthausen e molti di loro non hanno fatto ritorno.
Purtroppo, ultimamente si è abusato un po’ con i riferimenti alla Resistenza, però credo che esista una resistenza sul posto, la mia è una resistenza non solo dal punto di vista culturale, ma anche una resistenza alla spersonalizzazione della città, che cerca di uniformare e appiattisce tutto perché valuta con criteri di produttività. Non voglio che sia sbandierata come un’azione eroica, perché non lo è: l’autenticità di certi valori è parlare di resistenza nel senso di sottrarsi a queste logiche che sembrano inevitabili, ma non lo sono. Come per tutti quei gesti piccoli di sabotaggio, macchine che venivano smontate per rallentare la produzione, comitati locali che durante la Resistenza costruivano micro argini a quello che sembrava il corso inevitabile della storia.
Il 25 aprile quest’edicola venderà un libro solo: la Costituzione
Mi viene la pelle d’oca a pensare che ci possa essere anche solo un minimo filo conduttore con quello che stiamo facendo adesso: fortunatamente ci sono state delle conquiste fondamentali e non c’è più bisogno di quel tipo di azioni, c’è la Costituzione, tra le più mature al mondo. Per questo il 25 aprile apriremo al pubblico, ma venderemo solo la Costituzione. Bisogna tornare a credere, non tanto nella bellezza della Costituzione come testo, ma nel fatto che ognuno di noi può fare la differenza, semplicemente sul posto, senza azioni eroiche come quelle che si sono rese necessarie da un contesto estremo come la guerra. Esiste sempre un modo di sottrarsi a qualcosa che ci viene imposto perché, semplicemente, funziona così. Essere autentici, è già una forma di resistenza; i Social non aiutano, pur avendo la pretesa di fare il contrario.
Aedicola Lambrate è un’occasione: un’occasione per me, per connettermi con quello che vorrei essere e un’occasione per Lambrate, per ritornare a vedersi come quartiere. Un luogo come questo, quando non c’è si sente.”
Passano due anziani, uno spinge un girello “hai visto, l’edicola riapre”. Evviva.